Schemi e abitudini digitali: mezzo per creare aspettativa, stimolo o costrizione creativa?

Schemi e abitudini digitali: mezzo per creare aspettativa, stimolo o costrizione creativa?

Una riflessione sugli schemi di comunicazione, i pattern a partire da ricordi anni ’90 e discussioni a più voci sui social

Photo credits insta_repeat

Visto che sono nata alla fine degli anni '80, quando si parla di abitudini digitali e del tempo che passa, mi viene sempre in mente il film "C'è post@ per te" con Meg Ryan e Tom Hanks. Ogni volta mi risuona in testa la frase: “Accendo il mio computer, aspetto con impazienza che si colleghi, vado online e trattengo il respiro finché non sento quelle paroline magiche: «C'è posta per te»”.
Pur contestualizzata alla trama romantica del film, oggi la citazione resta datata, come minimo improbabile.

Eppure, anche se non proprio con impazienza, mi capita qualcosa di simile con alcuni contenuti, sia di lavoro che più puramente ludici. Da poco mi sono soffermata a ragionare su quanto l’abitudine e gli schemi abbiano a che fare con questo senso di attesa, ad esempio.

 

I pattern nei contenuti online

Ci sono alcune newsletter di colleghi che sono contenta di vedere nella mia posta una volta a settimana, anche se annegate in mezzo a tutte le altre.
Ho trovato alcune “rubriche” nelle storie di Instagram di persone che seguo, che mi piace ascoltare e ritrovare di volta in volta, un po’ simili e un po’ diverse.

E cosa c’è che accomuna questi due canali? Un pattern, ossia uno schema che si ripete. Le rubriche, la cadenza settimanale delle newsletter, costruite con un’impostazione simile ma con informazioni diverse.

Proprio a partire da Instagram, ho assistito ad alcune riflessioni su questo tema, ripreso da più persone e su più fronti.

Visuale: composizioni e colori

La riflessione avviata da Marta Pavia (@zuccaviolina su Instagram) nasceva da un canale - @insta_repeat - in cui vengono raccolte immagini, che mostrano uno stesso soggetto, ritratto in modo simile, utilizzando le stesse composizioni. Da qui la domanda: pattern comuni di per sé tolgono qualcosa all’originalità della singola immagine?

Sulla scia delle risposte ci si è spostati verso un altro aspetto interessante: è pratica piuttosto comune, se non proprio una best practice, cercare di creare gallery coerenti anche dal punto di vista dei colori, quindi il pattern qua non è più tanto sulla composizione quanto sulle tonalità. Ma è un limite o un modo per trovare ispirazione?

Contenuti: il calendario editoriale

D’altro canto, Tamara Viola (alias @delempicka84) rifletteva sul calendario editoriale: uno schema, anche questo, per definire in anticipo gli argomenti su cui si ha intenzione di indirizzare la conversazione.

Il punto era in questo caso: avere un’idea di massima dei temi da trattare toglie qualcosa a quanto stiamo per dire? E l’improvvisazione, non è forse una chimera online?

 

Alla fine, ognuno ha dato la propria risposta, ma certamente è il caso di tenere presente l’affermazione di Donata Columbro (@dontyna): i pattern rassicurano e, allo stesso tempo, creano aspettativa.
In fondo non è niente di nuovo, in tv e prima alla radio si sa benissimo che creare un appuntamento fisso, fa in modo che il proprio pubblico si abitui e tenda a fidelizzarsi. Trasportare logiche di funzionamento su canali differenti però è sempre rischioso, e non sempre funziona. E comunque, è necessario trovare il proprio ritmo, la propria cadenza e il proprio stile.

Ma, la questione è che non si tratta tanto di applicare logiche dei mass media tradizionali, quanto quelle dei rapporti umani a mezzi digitali.
In mezzo a strumenti con continue nuove funzionalità che tendono, in certi casi, a farci sentire lontani e trascinati da forze fuori controllo, il darsi un appuntamento fisso è certamente rassicurante, e può essere sia uno stimolo interessante che un modo per far funzionare questi mezzi per i nostri obiettivi.

Chiara Tozzetti

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Chiara Tozzetti

Cybermarket Web Agency

Digital Strategist + Seo e Google Ads Specialist

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